Museo Diocesano di Ostuni 2^ sezione – Paramenti e argenti sacri

La celebrazione del rito eucaristico è «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (Lumen gentium, 11) e con essa la comunità dei credenti, guidata dal Vescovo o dai presbiteri (i sacerdoti, dal greco che significa ‘anziano’), commemora e rinnova il sacrificio di Cristo per l’umanità intera. Coloro che, secondo le disposizioni date da Cristo nell’Ultima Cena («Prendete e mangiate; questo è il mio corpo […] Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue», Mt 26, 26-28), si cibano dell’unico pane spezzato, entrano in comunione con Cristo e formano in lui un solo corpo, ragione per cui si parla più semplicemente di ‘comunione’.

La Chiesa, fin dalle sue origini, per conferire solennità al rito eucaristico, ha disposto che i ministri sacri indossassero durante le celebrazioni apposite vesti (i paramenti sacri), che dovevano distinguersi da quelle civili per la qualità delle stoffe e per il decoro. Il fatto di non essere indossate nella quotidianità e di mantenere forme piuttosto larghe aveva lo scopo di sottolineare che a presiedere la funzione cultuale era Cristo stesso e non il ministro celebrante, che agiva «in persona Christi». In epoca carolingia, tra 750 e 987, le tipologie dei diversi paramenti vennero definite e assunsero l’aspetto che mantengono tuttora. In funzione del loro colore, i paramenti identificano i differenti momenti dell’anno liturgico o specifiche celebrazioni. Anche i vasi sacri e le teche destinati ad accogliere corpo e sangue di Cristo durante la Santa Messa (calice, patena e pisside) e durante l’adorazione eucaristica (ostensorio) dovevano essere realizzati con materiali preziosi e contraddistinti da alto valore artistico, affinché «con il loro uso si renda onore al Signore e si eviti completamente il rischio di sminuire agli occhi dei fedeli la dottrina della presenza reale di Cristo nelle Specie Eucaristiche» (Redemptionis sacramentum, 117).

Espressione dello splendore della liturgia, paramenti e argenti formano un inestimabile patrimonio storico-artistico, purtroppo spesso trascurato e confinato nell’ambito delle cosiddette ‘arti minori’. Con questa sala, volutamente collocata in apertura del percorso museale, si vuole contribuire a ridimensionare l’erronea convinzione.

Farsi un’idea – Glossario ecclesiastico
Eucarestia:

Il pane (l’ostia) e il vino che, dopo la preghiera di consacrazione, diventano corpo e sangue di Gesù Cristo.
Liturgìa: Complesso dei riti, degli atti di culto e delle formule in uso nella Chiesa Cattolica.
Paramenti:
Dalmatica: Veste propria del diacono, il cui colore cambia in funzione dei tempi liturgici e delle festività, consistente in una tunica provvista di larghe maniche; può essere realizzata a corredo di altri paramenti, come la pianeta (vedi Pianeta).
Manipolo: Strìscia di stoffa simile alla stola, ma di lunghezza minore, portato durante la Santa Messa in forma straordinaria del Rito Romano dal celebrante o dal diacono sull’avambraccio sinistro; deriva dal fazzoletto che gli antichi romani portavano annodato al braccio sinistro per detergere il sudore dal viso e simboleggia le fatiche del sacerdozio (vedi Stola).
Mìtria (o mitra): Copricapo usato dai vescovi durante le celebrazioni liturgiche; il termine deriva dal greco  e significa fascia per il capo e “turbante”.
Pianeta (Casula): Veste, il cui colore cambia in funzione dei tempi liturgici e delle festività, indossata da chi presiede la celebrazione eucaristica: è corredata di stola e può essere confezionata in abbinamento ad altri paramenti, come la dalmatica (vedi Dalmatica, Eucarestia, Stola).
Piviale: Ampio mantello di forma semicircolare che viene fermato sul davanti da un fermaglio ed è decorato nella parte posteriore dal cosiddetto «scudo»; si usa nelle benedizioni, nelle consacrazioni, durante le processioni e in occasione di altri sacramenti, eccetto che nella Santa Messa.
Stola: Strìscia di stoffe, dello stesso colore della pianeta, indossata dal Vescovo, dal sacerdote o dal diacono durante le funzioni liturgiche (vedi Pianeta).
Velo omerale: Larga stoffa rettangolare, posta sulle spalle del celebrante, che permette di afferrare gli oggetti sacri (pisside o ostensorio) evitando il contatto diretto; usato in particolare per le benedizioni eucarìstiche (vedi Ostensorio, Pisside).
Argenti:
Calice: Vaso sacro in cui, durante la celebrazione eucarìstica, è versato il vino che, dopo la consacrazione, diventa il sangue di Cristo.
Croce astile: Croce fissata su una lunga asta, usata in apertura delle processioni.
Ostensorio: Teca usata, durante l’adorazione eucarìstica, per la solenne esposizione dell’ostia consacrata (dal latino «ostendére», ‘mostrare’). Pastorale: Bastone dall’estremità ricurva usato dal Vescovo nelle Messe pontificali e nelle celebrazioni solenni.
Pisside: Vaso sacro utilizzato per contenere e conservare il pane eucarìstico.

Parato di Sant’Oronzo
Il parato di Sant’Oronzo è un gruppo composto da otto paramenti liturgici coordinati. Realizzato nella prima metà del XIX secolo in damasco rosso ricamato con gli stessi ornamenti floreali in oro e utilizzato in occasione della festività religiosa del principale santo protettore di Ostuni (26 agosto), è composto da un piviale, una pianeta, due dalmatiche, due stole, un copricalice e un velo di calice. Il colore rosso è riservato alle feste dei martiri, degli apostoli e degli evangelisti. Il parato ancora oggi è in uso.
Sant’Oronzo, vissuto tra il 22 e il 68 d.C., fu tra i primi evangelizzatori del Salento, fu Protovescovo di Lecce e dal 1660 è il principale protettore della città di Ostuni, dove la tradizione vuole che abbia predicato e celebrato l’Eucarestia. Grazie alla sua intercessione la città venne risparmiata dalla devastante epidemia di peste e dalle carestie che tra XVII e XVIII secolo, a più riprese, minacciarono il Regno di Napoli, contando numerosissime vittime. Nel Settecento gli Ostunesi eressero in omaggio al santo un monumento in piazza della Libertà. I festeggiamenti patronali si svolgono dal 24 al 27 agosto di ogni anno e comprendono la celebre «cavalcata di sant’Oronzo», con i cavalieri che sfilano in processione su cavalli bardati in onore del martire

Parato di Sant’Oronzo. Prima metà del XIX secolo. Damasco ricamato in oro
Parato di Sant’Oronzo. Prima metà del XIX secolo. Damasco ricamato in oro
Parato di Sant’Oronzo. Prima metà del XIX secolo. Damasco ricamato in oro

Chiavi della Città di Ostuni.

In occasione della festa patronale di San Biagio, le chiavi della città di Ostuni venivano simbolicamente offerte dalle autorità civili al martire come segno di devozione civica. Le chiavi in argento con bracciale, fatte realizzare dal canonico ostunese don Angelo Aurisicchio (nato nel 1806, il cui nome è inciso su una delle due chiavi), venivano fissate al polso della statua in cartapesta di Biagio.

Ignoto argentiere napoletano. Coppia di chiavi e bracciale di San Biagio, in argento, XIX secolo
Ignoto argentiere napoletano. Coppia di chiavi e bracciale di San Biagio, in argento, XIX secolo

Pastorale di Sant’Oronzo.

Del Tesoro del Capitolo della Concattedrale fa parte il cosiddetto «pastorale di sant’Oronzo», usato fin dal Settecento dai Vescovi della Città Bianca in occasione della festività religiosa del martire. Il pastorale è copia conforme di quello della superba statua in argento del santo, realizzata nel 1794 dall’artista napoletano Luca Baccaro e custodita nella Concattedrale.

Ignoto argentiere napoletano. Pastorale in argento cesellato e sbalzato, 1717

Mitria di Monsignor Salvatore Palmieri

Dal Monastero delle Carmelitane di Ostuni proviene la raffinatissima mitria di Monsignor Salvatore Palmieri, Arcivescovo di Brindisi e amministratore perpetuo della Diocesi ostunese dal 1893 al 1905. Da datare alla fine del XIX secolo e di probabile manifattura napoletana, si tratta di un canovaccio finemente ricamato in oro, argento e sete policrome con applicazione di paste vitree. I fiori ricamati sono molto probabilmente da identificare con la passiflora, conosciuta anche col nome di «pianta della Passione»; una vecchia tradizione vuole che tale pianta sia germogliata da una stilla del sangue di Cristo caduta ai piedi della croce e sia cresciuta fino ad arrivare alle sue labbra per dargli ristoro. Alla base delle due infule (le strisce che ricadono sulle spalle del Vescovo) sono ricamati gli stemmi episcopali di Monsignor Palmieri.

 

Pianeta di san Leone Magno papa,

realizzata nella metà del XIX secolo in damasco ricamato in filati metallici pregiati

particolari

Croce astile. 

Argentiere napoletano, post 1832, argento cesellato e sbalzato. La croce, realizzata nel XIX secolo, poggia su un globo ornato con le statue dei santi protettori della città di Ostuni: l’Assunta, Biagio, Oronzo, Irene e Agostino. I tre santi vescovi sono raffigurati insieme, anche sull’altare ligneo eretto, durante l’episcopato di Monsignor Cono Luchini dal Verme (1720-47), a chiusura della navata sinistra della Concattedrale.

particolari

Pianeta dell’Hortus conclusus.

Metà del XVIII sec. Gros de Tours liserè broccato.

particolari

Ostensorio del Sacro Cuore.

L’ostensorio del Sacro Cuore, dalle forme marcatamente rococò, venne realizzato su commissione del canonico ostunese don Giuseppe Leoce, che fece incidere in corsivo il suo nome sotto il ricettacolo del Santissimo Sacramento. La devozione nei confronti del Sacro Cuore di Cristo, grazie soprattutto all’apostolato dei Gesuiti, ebbe tra Seicento e Settecento la sua massima affermazione, come testimonia proprio l’ostensorio esposto: dal cuore trafitto di Cristo, sorretto da due angeli alati, si sprigiona la fiamma d’amore per l’umanità, nella quale è innestata la teca eucaristica; di grande eleganza è la decorazione a voluta vegetale, con una e tralci di vite che circonda la teca.

Calice. Ignoto argentiere napoletano, XIX sec. Argento cesellato e sbalzato
Calice. Ignoto argentiere napoletano, 1786. Argento cesellato e sbalzato, visibile la scritta “Ex devotione sacerdotis Iosephi Leoce A.D. 1786”

particolari

Ignoto argentiere napoletano. Ostensorio del Sacro Cuore (sorretto dagli angeli), 19 marzo 1786 (data incisa sulla baionetta), argento cesellato e sbalzato, cm 76x23x18, visibile la scritta “Sac. Giusefi Leoce”. Provenienza: Ostuni, Tesoro del Capitolo Concattedrale.
Ignoto argentiere napoletano. Ostensorio 1637, argento cesellato e sbalzato, visibile la scritta: “+ tremenda maiestas”.
Ignoto argentiere napoletano. Reliquiario di San Biagio, 1773, argento cesellato e sbalzato.

particolari

Ignoto argentiere napoletano. Contenitore per olii santi, 1578-1603, argento, presenza dello stemma del Vescovo Giulio Cesare Carafa (1578-1603) e di quelli dell’Università di Ostuni.

Pianeta con la Madonna dei Sette dolori (Mater Dolorosa) e angeli. Fine del XVIII  – inizi del XIX secolo. Raso ricamato con sete policrome, oro e argento con applicazioni di paillettes colorate e paste vitree.

particolari

Ostensorio dell’angelo
L’ostensorio, proveniente dalla chiesa di Maria Santissima Annunziata, propone motivi figurativi di ambito dichiaratamente partenopeo. Un paffuto angelo, con un piede posato sulla sfera celeste con incisi un sole antropomorfo e le stelle, sorregge sul capo la teca dove veniva esposto alla venerazione dei fedeli il Santissimo Sacramento. Il suo atteggiamento, con ali spiegate e braccia sollevate, fa convergere lo sguardo dell’osservatore verso l’alto.

Argentiere napoletano. Ostensorio dell’angelo. Seconda metà del XVIII secolo, argento cesellato e sbalzato, cm 65x22x12,5

particolare

Argentiere napoletano. Calice della prima metà del XVIII secolo, argento cesellato e sbalzato
Argentiere napoletano. Pisside del XIX secolo, argento sbalzato e inciso

Pianeta con melegrane, 1745-1748. Gros de Tours liserè broccato, in sete policrome con galloni in oro.

Particolare con le melograne

Dalmatica con stemma del Vescovo di Ostuni Bisanzio Fili, (1707-1720). Damasco broccato in oro e seta di fattura italiana con galloni in oro e seta gialla.

La dalmatica venne confezionata nel 1715, in damasco broccato in oro e sete policrome con galloni in oro e seta gialla, dietro espressa richiesta dell’allora Vescovo di Ostuni Bisanzio Fili (1707-1720), appartenente ai Filo della Torre di Santa Susanna, antica e nobile famiglia di origine greca, il cui cognome originario era «Philo». Lo stemma del Vescovo, ricamato nelle fasce inferiori del paramento, è d’azzurro alla banda d’oro accompagnata da due stelle comete dello stesso colore. Già Vicario generale di Altamura, di Trani e di Bitonto e Vescovo di Oppido, Bisanzio Fili venne nominato Vescovo di Ostuni l’11 aprile 1707. Il colore bianco, simbolo della luce e della gioia pasquale, identifica i paramenti usati in occasione delle solennità del Signore (Pasqua e Natale), della Vergine, degli angeli e dei santi (non morti martiri).

 

particolare della dalmatica con lo stemma del vescovo

L’ostensorio architettonico è uno dei capolavori in argento custoditi in questo museo. Realizzato molto probabilmente – come ritenuto da Giovanni Boraccesi – dallo scultore e orafo palermitano Nibilio Gagini tra 1606 e 1607, viene utilizzato dal Capitolo ostunese in occasione delle processioni del Corpus Domini, solennità liturgica in cui la Chiesa Cattolica contempla la reale presenza di Gesù Cristo nell’Eucarestia. Per l’inusuale conformazione della struttura principale, che riproduce un edificio sacro di forma esagonale con cupola, è detto «architettonico». Sugli spigoli dell’esagono si distinguono le statue degli apostoli Pietro, con in mano le chiavi del Paradiso, e Paolo, con la spada, e dei quattro evangelisti, con i rispettivi libri dei Vangeli. La cupola, con in cima la statua di Cristo risorto con la bandiera del trionfo sulla morte, racchiude episodi della vita del Salvatore e scene simboliche: si distinguono l’Annunciazione a Maria, la Fuga in Egitto, la Natività, il Viaggio dei Magi, la Deposizione dalla croce e il Pellicano mistico – immagine di Cristo – che sfama i suoi piccoli della sua stessa carne. Lungo i sei fianchi sono incise le seguenti parole in latino, facenti parte dell’officiatura della solennità del Corpus Domini: «HOC E[ST| CORPVS MEUM | CARO MEA VERE | EST CIBUS ET | QVI MANDUCAT ME | IPSE VIVET | PROPTER ME», che riprende un passo del Vangelo di Giovanni (6, 56-57) e significa «Questo è il mio corpo, la mia carne è vero cibo e colui che mangia di me vivrà per me».

 

particolari

Piviale di san Benedetto e santa Scolastica

Il piviale di san Benedetto e santa Scolastica, provvisto di due manipoli, proviene dal Monastero delle Benedettine di Ostuni ed è databile tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo. La sua esecuzione, in “taffetas moiré” ricamato in sete policrome, è di matrice prettamente conventuale. Di particolare pregio è l’immagine ricamata sullo scudo posteriore del piviale, raffigurante i santi fratelli Scolastica e Benedetto (fondatore dell’ordine omonimo), i cui volti sono dipinti.

particolare

l’angelo Ronzino provvede a spiegare il significato del disegno:

Macchina Eucaristica
Il baldacchino per l’esposizione del Santissimo Sacramento, realizzato in legno nel XIX secolo e proveniente dal Monastero delle Benedettine di Ostuni, è concepito come una struttura architettonica semicircolare in miniatura a quattro colonne di ordine ionico. Tra le colonne trova posto un triangolo con al centro l’occhio onniveggente di Dio, simbolo del mistero trinitario, mentre in alto un angelo alato sorregge una corona regale.

Croce d’altare
La croce d’altare venne realizzata in ottone argentato sul finire del XIX secolo, quando Arcivescovo di Brindisi e amministratore perpetuo della diocesi di Ostuni era Salvatore Palmieri (1893-1905), il cui stemma episcopale è visibile sulla base e la cui mitria è esposta in questa sala. In ossequio alla liturgia, la croce era collocata sull’altare maggiore della Concattedrale, dove si svolge la celebrazione del rito eucaristico.

particolari

Legatura
Dal Monastero delle Carmelitane di Ostuni proviene questa raffinata ed elegante legatura di ambito partenopeo che racchiude il Missale Romanum, ovvero il libro con il rito liturgico romano della Santa Messa in uso nella Chiesa Cattolica. Il volume venne stampato nel 1750 a Venezia. Gli elementi in argento cesellato e sbalzato – secondo un consolidato modus operandi – sono stati fissati su un’armatura lignea rivestita di velluto rosso.

particolare

 

Autore di testi e didascalie Dr. Teodoro De Giorgio – Storico dell’arte e curatore scientifico del Museo

Museo Diocesano di Ostuni 1^ sezione – Fondo archeologico capitolare 
Museo Diocesano di Ostuni 2^ sezione – Paramenti e argenti sacri 
Museo Diocesano di Ostuni 3^ Sezione – Crocifisso anatomico, Giardino dei Vescovi e Cortile
Museo Diocesano di Ostuni 4^ Sezione – La Pinacoteca
Museo Diocesano di Ostuni 5^ sezione – La statua ‘da vestire’ della Madonna del Rosario
Museo Diocesano di Ostuni 6^ Sezione – La memoria di Ostuni. Libri ed ex voto

Si ringrazia l’amico Mario Carlucci per la collaborazione

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